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Vetrina del mese: GIUGNO 2023 |
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Premiazione a Viareggio
(Clicca sull'immagine per ingrandire)
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Nello StudioRiviera32 a Pontida |
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PESCE PLASTICA
(Clicca sull'immagine per ingrandire)
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Sul cavalletto "Rottame dorato" |
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Premiazione a Salò per BRUNA |
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Sul cavalletto "La chiave del dieci" |
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Contatti
albino.monteduro@gmail.com
- info@montalbino.it
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Premio Mestre 2020
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Meet the Artists
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Art
Box
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Upper
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Premio Celeste 2013
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CORRISPONDENZE |
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Dilettiamoci con i contenuti
di ogni tipo di libro che ci attrae
(e non facciamoci impressionare dal
rotacismo!)
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Ho conosciuto Daria. Daria Dell'Arte. Pittrice come me. Donna straordinaria
e fantastica. Straordinaria perché intelligente e attenta alla cultura,
anzi, alla Cultura (con la C maiuscola); fantastica perché frutto della mia
fantasia: cioè di un dilettante (quale io sono) da sempre alla ricerca di una
“amica di penna” (preferisco sia donna, mi stimola maggiormente!) con la
quale intrecciare lo scambio delle idee, analizzare mestiere e tecniche,
discutere argomenti, confrontare temi che più solleticano gli umani
desideri.
Per un po’, utilizzerò questo spazio per scrivere a Daria (chiunque può
intromettersi – so già che mai accadrà! – e rispondere o controbattere o
esprimere qualsivoglia pensiero da indirizzare a:
albino.monteduro@gmail.com
Si può fare o è un principio di pazzia? È ancora possibile usare parole e
sentimenti per comunicare con altre persone (anche immaginarie) e relegare –
finalmente! – la macchina solo a “mezzo per la trasmissione” invece che
farla assurgere a “protagonista assoluta”? Si possono ancora usare le
parole, i concetti, i contenuti e non le faccine, gli esclamativi, gli
onomatopeici?
Proviamo…
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DARIA 4
Daria, sono felice di constatare che le mie indicazioni non ti siano
sembrate segni di saccenteria o di prosopopea o chissà cos’altro… ed hai
colto nel segno definendo le mie parole “critica costruttiva”. Ti prego
tuttavia di credermi se affermo, con tutta la sincerità di cui sono capace,
che per me tu sei una collega artista (e, a giudicare dalla chiarezza
espressiva dei tuoi discorsi, anche molto perspicace) con la quale devo e
intendo confrontarmi da pari a pari.
Veniamo ai nostri argomenti!
Vedi, Daria, credo che nel momento in cui uno di noi si accinge ad
esprimersi artisticamente deve necessariamente porsi degli interrogativi e,
per quanto complicato, deve obbligatoriamente giungere a delle conclusioni.
Se ciò non dovesse costituire la premessa, vuol dire che si procederebbe al
buio, stentando, rischiando perfino di rimanere a “metà del guado” (la sorte
peggiore che possa capitare ad un artista).
Tutto ciò (introspezione, analisi, interpretazioni…) l'artista deve farlo
da sé e per sé in completa solitudine (ecco perché, fin fine, ogni vero
artista è autodidatta). Non per
gli altri. Non per apparire. Onestamente. Mai per vanità!
Per esempio, si potrebbe partire col chiedersi: che cosa è l’arte? chi è
l’artista? Possono esserci delle enunciazioni che riescano a chiarirne le
funzioni, le azioni?
Ovviamente, pur sostenendo delle tesi, esse non saranno di certo univoche o
valide sempre e per tutto. Quindi? Non c’è soluzione, non si può sapere cosa
sia l’arte? l’artista?
Beh! Qualcosa si può dire! Ognuno per proprio conto lo dovrebbe scoprire.
Per esempio, nel mio piccolo ho questa idea: l’arte è una delle attività
umane che si esercita fuori dagli schemi (leggi: che non è possibile
asservire); anzi, è più facile immaginarla come attività
antisociale
dell’uomo.
Ma, paradossalmente, proprio qui è racchiuso il valore sociale dell’arte,
nel suo essere antisociale!
É vero che l’arte moderna, rispetto al pragmatismo dell’organizzazione umana
(specie occidentale!), sembra essere inutile .
É vero che di per sé, l’arte non si mangia, non alleggerisce la fatica degli
uffici quotidiani, non ha funzioni pratiche.
E ppure, sembra non se ne possa
fare a meno all’interno di una Società (in qualsiasi geografia: Occidente,
Oriente, Africa... la più sperduta isola del più remoto arcipelago della
Terra).
Ha una funzione che appare analoga a quella del
sogno
per l’individuo. Infatti, il sogno è liberatorio; esprime il represso;
realizza, in astratto, i desideri. Insomma, soddisfa l’inconscio di chi
sogna. Da ciò discende che l’arte compie la stessa funzione per l’inconscio
della Collettività. E proprio come il sogno agisce da valvola di sfogo per
il singolo, così l’arte funziona come meccanismo liberatorio per la totalità
degli individui.
E l’artista?
All’artista è riservato il difficilissimo compito dell’interprete, del
medium…
L’artista deve essere in grado di cogliere gli stimoli del proprio tempo
(i desideri, le ansie, i turbamenti, …), analizzarli, interpretarli, viverli
(se possibile) e poi trovare una modalità per esprimerli… ecco un’altra
difficoltà: trovare il procedimento per esprimersi (credo sia – e sia
stato – il problema principe di ogni artista sulla terra!). Tutti abbiamo
provato lo smarrimento della tela vuota, del foglio bianco, dello strumento
musicale muto.
In sintesi (come anche tu sostieni): l’artista è l’interprete
del proprio tempo; l’arte ne è il
prodotto.
Come funziona per te? Hai già risolto queste premesse?
Sai, Daria, mi colpisce la sincerità con cui ti esprimi. Talmente mi
colpisce, che mi fa venire voglia di parlare con te, di sbilanciarmi con te.
Non devi credere che capiti spesso di avviare una conversazione di una tale
difficoltà con chicchessia.
Saperne di più? Sicurezze? Carreggiate solide? Ma no, cara Daria! Siamo
tutti al nastro di partenza… sempre!
Nessuno, serio ed onesto, è mai davanti ad altri o è più sicuro di altri
o ha più certezze di altri. Non esiste il pittore tematico: degli uomini,
delle donne, dei fiumi, dei laghi, del sentimento… l’artista è
in fieri
ed è disponibile ad ogni esperienza espressiva. E l’opera è proprio nel
magma di quella pazzia che tu temi. Figura, materia, natura che si
riappropria degli spazi rubati, vulcani che eruttano sangue della terra,
corpi che si intrecciano nell’amore…
Spero di non spaventarti, ma credo che non ci siano tante, altre parole per
esprimere simili concetti.
Alla prossima. Ti voglio bene!
Vai a leggere Daria 1
Vai a leggere Daria 2
Vai a leggere Daria 3
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Ho scoperto di avere una sola alternativa; non due come comunemente si
sostiene, ma una: posso essere solamente fedele lettore dei libri di
Lorsignori.
L’ho appreso tempo fa alla radio, in macchina, mentre tornavo da un
viaggio e ascoltavo per caso un programma per appassionati di
letteratura che trattava di editoria, libri, autori, lettori.
Da un’emittente nazionale, una signorina e un signore attempato (così
dalla voce!), molto eruditi ovviamente, mi hanno rivelato l’esistenza di
certi abusi perpetrati quotidianamente ai danni dell'industria
editoriale e mi hanno anche caldamente suggerito l'incombenza
riparatrice che ho citato sopra: leggere solo autori noti e libri
stampati da case editrici con acclarate qualità editoriali.
La signorina e il signore – linguaggio fluente, erre moscia, citazioni
brillanti – conversando con falsa bonomia, hanno interpretato le parti
intramontabili dei poliziotti dei telefilm americani: la cattiva
e il buono. La cattiva affermava che, dato il
proliferare di sistemi di auto-pubblicazione (lei, ovviamente,
inglesizzava self-plublishing), oggi scrivono in troppi, si
pubblica troppo: «Se tutti scrivono, finirà che non leggerà più nessuno;
come faranno poi i grandi scrittori a continuare a guadagnare e a
deliziarci con le loro straordinarie opere nuove? E cosa avranno, poi,
da scrivere e pubblicare gli intrepidi del self-plublishing?
Romanzetti, cosucce provinciali, scialbe, insignificanti, disseminati di
svarioni tremendi. Occorrerebbe dapprima sottoporre codesti avventati
all’esame di lingua italiana; dare un’occhiata all’uso dei congiuntivi,
dei termini. E la sintassi? e l’ortografia? Non ne parliamo!». Così si
esprimeva la signorina. E il signore (poliziotto buono)
rispondeva: «Ma no, ma no! Non si deve essere così drastici. D’altra
parte la pluralità è divertente, tanto poi il bravo lettore saprà
discernere, saprà cosa leggere: sceglierà i veri autori (leggi: i
soliti noti) e i bei libri (leggi: delle solite case editrici)».
Mi ha colpito la sensibilità di quei conduttori. L’apertura mentale.
Pensate se con i loro discorsi avessero tarpato le ali a un
Hugh Howey,
oggi uno dei più amati scrittori americani di fantascienza.
O se avessero intimidito con le loro chiacchiere un’Amanda
Hocking,
che al momento vende milioni di libri ed E-book. Oppure se
avessero fatto tentennare
la nostra Anna Premoli, che ha vinto il Bancarella del 2013
pubblicando dapprima sulla piattaforma Narcissus.
Insomma, quanto ristretta sia la visione di cronisti autorizzati a
trattare argomenti così delicati e complessi e, soprattutto, quanto
scarsa sia la loro considerazione verso il lavoro di altri, quel
farne di tutta l’erba… E mi sono auto-subissato di domande: «Ma chi
bip sono questi esseri così illuminati e altruisti?
«A quale schiatta appartengono degli intellettuali tanto sapienti?
«Vengono anche retribuiti per esprimere tali idee alla radio?
«Chi consegna nelle loro mani i microfoni?
«Chi attribuisce loro la facoltà di patentare scrittori? »
E poi, all’emergere di nuovi dubbi e tormenti: «Non sono per caso quei
bei signori che hanno avuto tutto dalla vita? Insomma, Lorsignori!?
«Non sono, per caso, i figli d’arte (o di papà) che per la bravura, di
solito congenita in rampolli così generati, hanno avuto diritto di
accesso a quei famosi microfoni?
Forse no, vai a saperlo!
Ma certamente non sono quelli che devono lavorare per guadagnare
abbastanza per pagare bollette. Quelli che mantengono famiglie nelle
case in affitto, non sempre riscaldate a dovere, dove spesso qualcuno
contrae quella bronchitella noiosa, curata male da medici condotti non
proprio preparatissimi – ma i soli disponibili quaggiù, tra comuni
mortali.
Non sono sicuramente quelli che hanno completato il loro manoscritto –
rubacchiando tempo qua e là – con determinazione e sentimento e quando
lo hanno inviato alla casa editrice, sono stati invitati a stampare a proprie
spese: «Perché la programmazione editoriale di quest’anno è ormai al
completo. Ci dispiace!».
Certo che sono al completo! Lorsignori hanno già occupato i pochi
spazi disponibili e non c’è trippa per gatti o per
avventurieri della penna o per chi disturba i veri
manovratori. Infatti, solo Lorsignori sono gli unici attori
deputati a scrivere e a stampare le loro meravigliose storie frutto
dell'italiano perfetto i cui assaggi d’ascolto, letti
nelle serate letterarie tenute in librerie accreditate e replicate nelle
televisioni, talkshow, parate mondane e in ogni altra buona
occasione, risuonano gravi, belanti e impreziositi dalla nobile,
ammaliante erre francese.
Albino
Monteduro
Ps: Ieri, avevo appena terminato di
scrivere l’articolo ed ero quasi sul punto di spedirlo, quando mi è
capitato di ascoltare una notizia di grande effetto in quel noto
programma di Fazio su Rai3: veniva rivelata l’identità dell’autrice del
libro più venduto in Italia nel 2022, Fabbricante di Lacrime di
Erin Doom. È apparsa una stupenda fanciulla (o poco più) della
quale, come piccolo anticipo sulla sua identità, è stato reso noto solo
il nome: si chiama Matilde. A parte le esigenze di scena, le trovate
pubblicitarie, la
suspense e altre
esigenze del genere, che spesso sono messe in relazione con eventi
generalmente rari ma assai piacevoli per il pubblico, ci si può attenere
solo ai fatti: ancora una volta, una scrittrice – e, a quanto pare, una
grande scrittrice – ha avuto il suo trampolino di lancio grazie alla
piattaforma di pubblicazione
Wattpad/Italia
che è una piattaforma sociale per la condivisione di storie,
completamente gratuita e raggiungibile solo attraverso la rete.
Da Fazio, la bravissima Matilde, ha informato i lettori dell’uscita del
suo prossimo libro Stigma il quale, questa volta, ha tutto il
sostegno di una casa editrice.
Per quanto mi riguarda, a dispetto dei nostri poliziotti da telefilm,
sono felice che sia donna (diventa sempre più frequente incontrarne nel
mondo letterario), sono felice che sia giovane (forse, i giovani non è
poi così vero che leggano poco in Italia), sono felice che sia stato un
pubblico, sulla base dei soli contenuti dell’opera, a
patentarla e a portarla, a forza, alla notorietà. Vai, Matilde! Siamo
con te.
Leggete anche su |
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PESCE PLASTICA
(Olio su tela 100 X130)
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Secondo Premio con il Manoscritto
CONFIDENZE AL TRONO ACHEO
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DARIA 1
Daria
carissima,
certo che sono preoccupato per il lavoro che manca e/o si precarizza
(soprattutto per i giovani)! Ma, sai, non si tratta di pietismo o di
qualcosa del genere, in realtà è rabbia. I soliti priblemi della
prevaricazione, degli egoismi, di marca tutta italica, che infestano ogni
settore del nostro Paese.
Sono
stato giovane a Milano, negli anni Settanta, gli anni dell’università.
Allora, senza farsi cogliere di sorpresa dalla storia, sono stati in
tanti che hanno rifiutato di assoggettarsi alle angherie del potere e i più
puri hanno sostenuto tali propositi a qualunque costo, perfino col
sacrificio. Alcuni, coerenti e leali, hanno lottato e pagato in prima
persona: spesso, con disagi; talvolta, con la galera; qualche altra volta,
perfino con la vita.
Ovviamente, non sempre è stato così e non dappertutto, anzi con dei
distinguo che spesso hanno condotto verso forme eccessive di protesta,
tuttavia con l’intenzione (la speranza?) di migliorare il Mondo. Anch’io ho
vissuto al “fronte”, come dico spesso, (in quei tempi bastava stare a
Milano!) ed anch’io ho dato il mio contributo. Purtroppo però, non si è
approdati a nulla. Dopo qualche risultato, in pochissimi decenni, tutto è
sfumato... e siamo scivolati ancora più in basso!
Per questo, oggi, sono con te a sostenere le stesse idee... ed anche perché
mi piaci, o meglio, mi piace il tuo modo civile di rapportarti, seppure su
temi così spinosi. E poi, mi piace l’atmosfera dolce che c’è intorno alla
tua espressività pittorica. Non tanto le opere, sono sincero, quanto il tuo
coraggio, i propositi, le tue speranze: giovanili e, quindi, appassionate.
Coraggio e passione, un binomio avvincente e vincente: sono certo che
progredirai moltissimo.
Parlarti di me? Beh, Daria, non c’è molto da dire. Si può semplificare
dicendo, senza mezze misure, che sono un orso!
Ho una donna e un figlio (che ha già una sua vita). Inoltre, possiedo una
casa-studio, vicinissima al mare. È il mio rifugio. È lì che vado quando ho
bisogno di lavorare sodo. Per esempio, penso di recarmi lì nelle prossime
settimane per concentrarmi sull’ultima stesura del nuovo romanzo.
Per adesso non mi viene in mente altro, caso mai mi dilungherò in altre
occasioni. Nel frattempo ti prego di tenermi informato.
Un abbraccio fraterno e a presto!
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DARIA 2
Daria, mia cara,
credo di non aver saputo esprimere compiutamente con il testo della mia
ultima lettera ciò che intendevo dirti davvero. È probabile che qualche
frase sia stata poco comprensibile o espressa in modo non completo. Per
esempio, potrebbe essere stata poco chiara la mia affermazione: «Se vuoi,
d’ora in avanti, possiamo darci vicendevolmente una mano per tentare di
progredire e per affrontare insieme il terreno ostico dell’Arte».
Darsi vicendevolmente una mano
non è, in effetti, una frase completa e, giustamente, tu hai un po’ titubato
chiedendomene spiegazione. Per esempio, uno dei tre aspetti a cui mi
riferisco riguarda la modalità di allestire una mostra personale. Perché ciò
non diventi un’attività sprecata – o anche dannosa – per un artista, non è
l’impresa più facile del mondo. Quali proposte accettare tra quelle che
continuamente ci pervengono? Quali spazi usare? A quali condizioni non si
dovrebbe mai rinunciare?…
“Sì! — ribatterai, — se prima di fare una mostra dovessi valutare tutto ciò,
col cavolo che riuscirei ad esporre!”
“Esatto! — ti risponderei, — a certe condizioni non devi esporre! Non si
espone da un affittacamere; non si espone in una struttura inadeguata (pensa
alle mostre senza la luce o, peggio ancora, con le luci al neon: che
disastro per le opere!). Mai si espone per una finalità, anche solo
vagamente, politicizzata”.
Mi chiedi inoltre: «Progredirò in cosa? In campo artistico?»
Certo che è inteso in campo artistico! Ed è il secondo aspetto che volevo
sottolinearti. Tu stessa, nella comunicazione precedente, hai affermato:
«Sono ancora alla ricerca di un mio linguaggio definitivo, di un mio stile
proprio e ben definito e se pur abbastanza chiaro il percorso, mi è
abbastanza scarso il tempo e faccio ancora fatica a definire la strada con
carreggiate solide e tutte uguali».
In soldoni hai inteso comunicarmi: sono in un momento di gran confusione,
aggravato dalla mancanza di tempo da dedicare alla pittura. Ed ecco perché
nell’ultima lettera, dopo averti riconosciuto coraggio e passione, ti
auguravo una specie di ad
maiora semper che,
secondo me, tu meriti sinceramente.
Mi piace la tua pittura? Certo che mi piace! Probabilmente, non proprio
tutto… valutazione che potrebbe valere per chiunque altro, d'altronde!
Alcuni anni fa, ho letto un libro di Giorgio Soavi (uno dei critici italiani
più raffinati e colti), che titolava: MA PICASSO ERA BRAVO?
Nel libro si racconta di una visita effettuata da Soavi all’atelier di
Picasso quando quest’ultimo si trovava sulla Côte d’Azur. Dopo qualche mese
che ne faceva richiesta, finalmente l’artista, al culmine della sua
notorietà, si decise ad ammettere in casa il critico.
Soavi racconta che Picasso lo introdusse nell’enorme laboratorio pittorico
polifunzionale (come sai, è proverbiale la versatilità del Catalano) e si
mise a mostrargli le opere (quelle pittoriche soprattutto collocate sulle
vaste pareti dello studio). Mostrandole velocemente, le indicava così:
«Questa non è tanto bella; questa è cattiva; questa non è buona; QUESTA È
BUONA!; questa è cattiva; questa non è il massimo; QUESTA È BUONA!; questa
non è tanto bella; questa è cattiva; QUESTA È BUONA!; ecc. ecc.». Ad un
punto, a Soavi venne da fare una domanda: «Maestro! – chiese a Picasso – ma
se lei sa già che un quadro è cattivo, perché lo conserva insieme agli
altri?». Picasso, a cui non mancava certamente la favella, pare che abbia
risposto: «Caro Giorgio, è stato proprio grazie a quei quadri cattivi che ho
potuto fare i buoni. Quindi, anche quelli hanno tutto il diritto di stare
con gli altri!». Ecco il terzo aspetto! Il lavoro continuo e costante ad
ogni costo, con qualsiasi risultato. Prima o poi, la qualità del nostro
lavoro migliorerà.
Spero di non averti annoiata e di essermi spiegato meglio sul concetto di
darsi una mano.
A presto, Daria. A presto…
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DARIA 3
Oh, Daria! Mi hai comunicato la
tua età, “Cinquant’anni!!!” mi hai scritto e hai farcito con punti
esclamativi che in certi linguaggi moderni - utilizzati specie nei
cosiddetti social - vogliono rimarcare che quegli anni sono tanti. Epperò,
sono colpito lo stesso: per me, sei poco più di una ragazza - come ben sai,
tutto è sempre relativo.
A proposito di relatività, mi
ha un po’ sorpreso anche il tuo imprinting scientifico, (mi
scrivevi recentemente che, agli studi liceali, hai conseguito la maturità
scientifica e che solo la necessità di avviarti al lavoro ti ha impedito di
frequentare ingegneria) ma, a pensarci bene, piacevolmente. Devi sapere che
nei confronti di chi conosce, padroneggia e pratica quelle che si
definiscono scienze esatte (oppure le tecnologie in genere che tendono ad
essere sempre più invasive nella nostra esistenza) nutro, da sempre, una
specie di ammirazione. Bada! Ammirazione non invidia (per fortuna, l’invidia
è un sentimento che non mi è mai appartenuto). Mi succede perché sono
convinto di aver trascurato, per le mie preferenze umanistiche, in
particolare, lo studio della matematica. Carenza grave in realtà, specie
dopo aver compreso, proprio attraverso lo studio dell’arte, che nella storia
umana occidentale i periodi più grandiosi sono stati quelli in cui Arte e
Scienza hanno coabitato (penso al classicismo greco, al canone policleteo, a
Piero, all’Alberti, al rinascimento maturo, al vedutismo veneto, alle regole
ottiche del divisionismo… perfino all’uso massiccio di tecnologie in vasti
settori dell’arte contemporanea!). E poi mi affascina l’universo con le sue
regole di matematica pura, seppure fondate sull’assoluta semplicità. Tutto
qui il mio rimpianto… mi sconvolge pensare al cosmo come ad un regno
perfetto dove tutto, a conoscerlo, è perfettamente prevedibile o
riconducibile ad un precisissimo risultato, e ad una terra dove, se metti un
piede in fallo, puoi indifferentemente sbucciarti un ginocchio o morire…
Per fortuna c’è l’amore! (è
quel che dico per consolarmi). Perché sulla terra la vita sarà pure più
complicata, ma esiste lo straordinario sentimento dell’amore che compensa
(almeno in parte) tante altre tristezze dell’esistenza.
Vedi, Daria, com’è ovvio ognuno
di noi ha percezioni personali dell’amore. Di tutto l’amore, in ogni forma,
di ogni intensità… sai, spero non ti meravigli se la mia visione preveda che
ad un artista occorra anche amore perché sia fecondo, perché possa acquisire
forza – come Anteo da madre-Terra.
L’amore… o il dolore!
Incredibilmente, considero
entrambi i due stati collaboranti a fornire energia creativa. Per carità,
nessuna mitizzazione o sublimazione o cacchiate del genere; amore, dolore,
energia creativa, forza, opera… tutto con iniziali minuscole! Tuttavia…
Ti abbraccio, mia giovane
amica.
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