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IL NERO
Vetrina del mese
GENNAIO
2023
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E
IL BIANCO
Strategie - di
Albino Monteduro
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METAFORA D'AUTUNNO
(Clicca sull'immagine per ingrandire)
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NEL NUOVO
STUDIO "RIVIERA32" DI PONTIDA
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PESCE PLASTICA
(Clicca sull'immagine per ingrandire)
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MENTRE DIPINGO "ROTTAME DORATO"
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VETRINE CON OPERE DI ALBINO MONTEDURO |
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Premio Mestre 2020 |
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Meet the Artists - Art Box |
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Premio Celeste 2013 |
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CORRISPONDENZE |
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UTILIZZO DI IMMAGINI NEI TESTI |
Ho conosciuto Daria. Daria Dell'Arte. Pittrice come me. Donna straordinaria
e fantastica. Straordinaria perché intelligente e attenta alla cultura,
anzi, alla Cultura (con la C maiuscola); fantastica perché frutto della mia
fantasia: cioè di un dilettante (quale io sono) da sempre alla ricerca di una
“amica di penna” (preferisco sia donna, mi stimola maggiormente!) con la
quale intrecciare lo scambio delle idee, analizzare mestiere e tecniche,
discutere argomenti, confrontare temi che più solleticano gli umani
desideri.
Per un po’, utilizzerò questo spazio per scrivere a Daria (chiunque può
intromettersi – so già che mai accadrà! – e rispondere o controbattere o
esprimere qualsivoglia pensiero da indirizzare a:
albino.monteduro@gmail.com
Si può fare o è un principio di pazzia? È ancora possibile usare parole e
sentimenti per comunicare con altre persone (anche immaginarie) e relegare –
finalmente! – la macchina solo a “mezzo per la trasmissione” invece che
farla assurgere a “protagonista assoluta”? Si possono ancora usare le
parole, i concetti, i contenuti e non le faccine, gli esclamativi, gli
onomatopeici?
Proviamo…
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DARIA 4
Daria, sono felice di constatare che le mie indicazioni non ti siano
sembrate segni di saccenteria o di prosopopea o chissà cos’altro… ed hai
colto nel segno definendo le mie parole “critica costruttiva”. Ti prego
tuttavia di credermi se affermo, con tutta la sincerità di cui sono capace,
che per me tu sei una collega artista (e, a giudicare dalla chiarezza
espressiva dei tuoi discorsi, anche molto perspicace) con la quale devo e
intendo confrontarmi da pari a pari.
Veniamo ai nostri argomenti!
Vedi, Daria, credo che nel momento in cui uno di noi si accinge ad
esprimersi artisticamente deve necessariamente porsi degli interrogativi e,
per quanto complicato, deve obbligatoriamente giungere a delle conclusioni.
Se ciò non dovesse costituire la premessa, vuol dire che si procederebbe al
buio, stentando, rischiando perfino di rimanere a “metà del guado” (la sorte
peggiore che possa capitare ad un artista).
Tutto ciò (introspezione, analisi, interpretazioni…) l'artista deve farlo
da sé e per sé in completa solitudine (ecco perché, fin fine, ogni vero
artista è autodidatta). Non per
gli altri. Non per apparire. Onestamente. Mai per vanità!
Per esempio, si potrebbe partire col chiedersi: che cosa è l’arte? chi è
l’artista? Possono esserci delle enunciazioni che riescano a chiarirne le
funzioni, le azioni?
Ovviamente, pur sostenendo delle tesi, esse non saranno di certo univoche o
valide sempre e per tutto. Quindi? Non c’è soluzione, non si può sapere cosa
sia l’arte? l’artista?
Beh! Qualcosa si può dire! Ognuno per proprio conto lo dovrebbe scoprire.
Per esempio, nel mio piccolo ho questa idea: l’arte è una delle attività
umane che si esercita fuori dagli schemi (leggi: che non è possibile
asservire); anzi, è più facile immaginarla come attività
antisociale
dell’uomo.
Ma, paradossalmente, proprio qui è racchiuso il valore sociale dell’arte,
nel suo essere antisociale!
É vero che l’arte moderna, rispetto al pragmatismo dell’organizzazione umana
(specie occidentale!), sembra essere inutile .
É vero che di per sé, l’arte non si mangia, non alleggerisce la fatica degli
uffici quotidiani, non ha funzioni pratiche.
E ppure, sembra non se ne possa
fare a meno all’interno di una Società (in qualsiasi geografia: Occidente,
Oriente, Africa... la più sperduta isola del più remoto arcipelago della
Terra).
Ha una funzione che appare analoga a quella del
sogno
per l’individuo. Infatti, il sogno è liberatorio; esprime il represso;
realizza, in astratto, i desideri. Insomma, soddisfa l’inconscio di chi
sogna. Da ciò discende che l’arte compie la stessa funzione per l’inconscio
della Collettività. E proprio come il sogno agisce da valvola di sfogo per
il singolo, così l’arte funziona come meccanismo liberatorio per la totalità
degli individui.
E l’artista?
All’artista è riservato il difficilissimo compito dell’interprete, del
medium…
L’artista deve essere in grado di cogliere gli stimoli del proprio tempo
(i desideri, le ansie, i turbamenti, …), analizzarli, interpretarli, viverli
(se possibile) e poi trovare una modalità per esprimerli… ecco un’altra
difficoltà: trovare il procedimento per esprimersi (credo sia – e sia
stato – il problema principe di ogni artista sulla terra!). Tutti abbiamo
provato lo smarrimento della tela vuota, del foglio bianco, dello strumento
musicale muto.
In sintesi (come anche tu sostieni): l’artista è l’interprete
del proprio tempo; l’arte ne è il
prodotto.
Come funziona per te? Hai già risolto queste premesse?
Sai, Daria, mi colpisce la sincerità con cui ti esprimi. Talmente mi
colpisce, che mi fa venire voglia di parlare con te, di sbilanciarmi con te.
Non devi credere che capiti spesso di avviare una conversazione di una tale
difficoltà con chicchessia.
Saperne di più? Sicurezze? Carreggiate solide? Ma no, cara Daria! Siamo
tutti al nastro di partenza… sempre!
Nessuno, serio ed onesto, è mai davanti ad altri o è più sicuro di altri
o ha più certezze di altri. Non esiste il pittore tematico: degli uomini,
delle donne, dei fiumi, dei laghi, del sentimento… l’artista è
in fieri
ed è disponibile ad ogni esperienza espressiva. E l’opera è proprio nel
magma di quella pazzia che tu temi. Figura, materia, natura che si
riappropria degli spazi rubati, vulcani che eruttano sangue della terra,
corpi che si intrecciano nell’amore…
Spero di non spaventarti, ma credo che non ci siano tante, altre parole per
esprimere simili concetti.
Alla prossima. Ti voglio bene!
Vai a leggere Daria 1
Vai a leggere Daria 2
Vai a leggere Daria 3
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BAROCCO E NEO-BAROCCO
(Tra un Cristo sanguinante e un
kamikaze esploso)
Ho rilevato
analogie tra le pulsioni della contemporaneità e lo spirito dell’epoca
barocca.
Mi è sembrato di
intravedere anche nel mondo odierno una sovrabbondanza di immagini che
ricorda l’eccessivo decorativismo di allora: è il formalismo che
prevarica la sostanza, il superfluo che sopravanza l’essenziale. Mentre,
all’eccesso della spiritualità barocca che sovente ha sfiorato il
fanatismo più acceso (basti riflettere sulla cruenta forma di
inquisizione che nel XVII secolo ha operato nelle aree cattoliche
d’Europa, specie in Spagna), oggi sembra corrispondere un certo
fanatismo edonistico che, alla stessa maniera, rende difficili e
irrequieti i rapporti tra i gruppi umani.
C’è, poi, analogia
con l’oggi anche negli “effetti” che deve produrre un’opera per chi la
osserva. Già dal periodo manierista e fino a tutto il periodo barocco,
l’opera, fra le altre finalità, aveva anche il compito di stupire; lo
spettatore doveva restarne attratto e colpito (magari proprio dalla
crudezza delle immagini) mentre dalla sua bocca doveva uscire una specie
di flebile e prolungato “oooh”.
Oggi, accade lo
stesso!
Basti pensare ad
opere di Dan Graham o
Cattelan o Kirsch o Pistoletto.
Seppure a distanza di secoli, seppure con l’emancipazione che viene
dalle esperienze, dalla cultura, dalle tecnologie, perfino dalle guerre
cruente del Novecento, lo spettatore non è immune dallo stupore (o dallo
sgomento) e nel vedere una vacca sezionata o un cranio tempestato di
diamanti o un papa abbattuto da una pietra, o delle immagini che ci
pervengono attraverso una tremolante ripresa dopo l’attentato esplosivo
dell’ennesimo kamikaze, ancora sentiamo riecheggiare quel flebile
“oooh”… |
a. m. |
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PESCE PLASTICA
(Olio su tela 100 X130)
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METAFORA D'AUTUNNO
(Olio su tela, 120x100 cm)
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DARIA 1
Daria
carissima,
certo che sono preoccupato per il lavoro che manca e/o si precarizza
(soprattutto per i giovani)! Ma, sai, non si tratta di pietismo o di
qualcosa del genere, in realtà è rabbia. I soliti priblemi della
prevaricazione, degli egoismi, di marca tutta italica, che infestano ogni
settore del nostro Paese.
Sono
stato giovane a Milano, negli anni Settanta, gli anni dell’università.
Allora, senza farsi cogliere di sorpresa dalla storia, sono stati in
tanti che hanno rifiutato di assoggettarsi alle angherie del potere e i più
puri hanno sostenuto tali propositi a qualunque costo, perfino col
sacrificio. Alcuni, coerenti e leali, hanno lottato e pagato in prima
persona: spesso, con disagi; talvolta, con la galera; qualche altra volta,
perfino con la vita.
Ovviamente, non sempre è stato così e non dappertutto, anzi con dei
distinguo che spesso hanno condotto verso forme eccessive di protesta,
tuttavia con l’intenzione (la speranza?) di migliorare il Mondo. Anch’io ho
vissuto al “fronte”, come dico spesso, (in quei tempi bastava stare a
Milano!) ed anch’io ho dato il mio contributo. Purtroppo però, non si è
approdati a nulla. Dopo qualche risultato, in pochissimi decenni, tutto è
sfumato... e siamo scivolati ancora più in basso!
Per questo, oggi, sono con te a sostenere le stesse idee... ed anche perché
mi piaci, o meglio, mi piace il tuo modo civile di rapportarti, seppure su
temi così spinosi. E poi, mi piace l’atmosfera dolce che c’è intorno alla
tua espressività pittorica. Non tanto le opere, sono sincero, quanto il tuo
coraggio, i propositi, le tue speranze: giovanili e, quindi, appassionate.
Coraggio e passione, un binomio avvincente e vincente: sono certo che
progredirai moltissimo.
Parlarti di me? Beh, Daria, non c’è molto da dire. Si può semplificare
dicendo, senza mezze misure, che sono un orso!
Ho una donna e un figlio (che ha già una sua vita). Inoltre, possiedo una
casa-studio, vicinissima al mare. È il mio rifugio. È lì che vado quando ho
bisogno di lavorare sodo. Per esempio, penso di recarmi lì nelle prossime
settimane per concentrarmi sull’ultima stesura del nuovo romanzo.
Per adesso non mi viene in mente altro, caso mai mi dilungherò in altre
occasioni. Nel frattempo ti prego di tenermi informato.
Un abbraccio fraterno e a presto!
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DARIA 2
Daria, mia cara,
credo di non aver saputo esprimere compiutamente con il testo della mia
ultima lettera ciò che intendevo dirti davvero. È probabile che qualche
frase sia stata poco comprensibile o espressa in modo non completo. Per
esempio, potrebbe essere stata poco chiara la mia affermazione: «Se vuoi,
d’ora in avanti, possiamo darci vicendevolmente una mano per tentare di
progredire e per affrontare insieme il terreno ostico dell’Arte».
Darsi vicendevolmente una mano
non è, in effetti, una frase completa e, giustamente, tu hai un po’ titubato
chiedendomene spiegazione. Per esempio, uno dei tre aspetti a cui mi
riferisco riguarda la modalità di allestire una mostra personale. Perché ciò
non diventi un’attività sprecata – o anche dannosa – per un artista, non è
l’impresa più facile del mondo. Quali proposte accettare tra quelle che
continuamente ci pervengono? Quali spazi usare? A quali condizioni non si
dovrebbe mai rinunciare?…
“Sì! — ribatterai, — se prima di fare una mostra dovessi valutare tutto ciò,
col cavolo che riuscirei ad esporre!”
“Esatto! — ti risponderei, — a certe condizioni non devi esporre! Non si
espone da un affittacamere; non si espone in una struttura inadeguata (pensa
alle mostre senza la luce o, peggio ancora, con le luci al neon: che
disastro per le opere!). Mai si espone per una finalità, anche solo
vagamente, politicizzata”.
Mi chiedi inoltre: «Progredirò in cosa? In campo artistico?»
Certo che è inteso in campo artistico! Ed è il secondo aspetto che volevo
sottolinearti. Tu stessa, nella comunicazione precedente, hai affermato:
«Sono ancora alla ricerca di un mio linguaggio definitivo, di un mio stile
proprio e ben definito e se pur abbastanza chiaro il percorso, mi è
abbastanza scarso il tempo e faccio ancora fatica a definire la strada con
carreggiate solide e tutte uguali».
In soldoni hai inteso comunicarmi: sono in un momento di gran confusione,
aggravato dalla mancanza di tempo da dedicare alla pittura. Ed ecco perché
nell’ultima lettera, dopo averti riconosciuto coraggio e passione, ti
auguravo una specie di ad
maiora semper che,
secondo me, tu meriti sinceramente.
Mi piace la tua pittura? Certo che mi piace! Probabilmente, non proprio
tutto… valutazione che potrebbe valere per chiunque altro, d'altronde!
Alcuni anni fa, ho letto un libro di Giorgio Soavi (uno dei critici italiani
più raffinati e colti), che titolava: MA PICASSO ERA BRAVO?
Nel libro si racconta di una visita effettuata da Soavi all’atelier di
Picasso quando quest’ultimo si trovava sulla Côte d’Azur. Dopo qualche mese
che ne faceva richiesta, finalmente l’artista, al culmine della sua
notorietà, si decise ad ammettere in casa il critico.
Soavi racconta che Picasso lo introdusse nell’enorme laboratorio pittorico
polifunzionale (come sai, è proverbiale la versatilità del Catalano) e si
mise a mostrargli le opere (quelle pittoriche soprattutto collocate sulle
vaste pareti dello studio). Mostrandole velocemente, le indicava così:
«Questa non è tanto bella; questa è cattiva; questa non è buona; QUESTA È
BUONA!; questa è cattiva; questa non è il massimo; QUESTA È BUONA!; questa
non è tanto bella; questa è cattiva; QUESTA È BUONA!; ecc. ecc.». Ad un
punto, a Soavi venne da fare una domanda: «Maestro! – chiese a Picasso – ma
se lei sa già che un quadro è cattivo, perché lo conserva insieme agli
altri?». Picasso, a cui non mancava certamente la favella, pare che abbia
risposto: «Caro Giorgio, è stato proprio grazie a quei quadri cattivi che ho
potuto fare i buoni. Quindi, anche quelli hanno tutto il diritto di stare
con gli altri!». Ecco il terzo aspetto! Il lavoro continuo e costante ad
ogni costo, con qualsiasi risultato. Prima o poi, la qualità del nostro
lavoro migliorerà.
Spero di non averti annoiata e di essermi spiegato meglio sul concetto di
darsi una mano.
A presto, Daria. A presto…
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DARIA 3
Oh, Daria! Mi hai comunicato la
tua età, “Cinquant’anni!!!” mi hai scritto e hai farcito con punti
esclamativi che in certi linguaggi moderni - utilizzati specie nei
cosiddetti social - vogliono rimarcare che quegli anni sono tanti. Epperò,
sono colpito lo stesso: per me, sei poco più di una ragazza - come ben sai,
tutto è sempre relativo.
A proposito di relatività, mi
ha un po’ sorpreso anche il tuo imprinting scientifico, (mi
scrivevi recentemente che, agli studi liceali, hai conseguito la maturità
scientifica e che solo la necessità di avviarti al lavoro ti ha impedito di
frequentare ingegneria) ma, a pensarci bene, piacevolmente. Devi sapere che
nei confronti di chi conosce, padroneggia e pratica quelle che si
definiscono scienze esatte (oppure le tecnologie in genere che tendono ad
essere sempre più invasive nella nostra esistenza) nutro, da sempre, una
specie di ammirazione. Bada! Ammirazione non invidia (per fortuna, l’invidia
è un sentimento che non mi è mai appartenuto). Mi succede perché sono
convinto di aver trascurato, per le mie preferenze umanistiche, in
particolare, lo studio della matematica. Carenza grave in realtà, specie
dopo aver compreso, proprio attraverso lo studio dell’arte, che nella storia
umana occidentale i periodi più grandiosi sono stati quelli in cui Arte e
Scienza hanno coabitato (penso al classicismo greco, al canone policleteo, a
Piero, all’Alberti, al rinascimento maturo, al vedutismo veneto, alle regole
ottiche del divisionismo… perfino all’uso massiccio di tecnologie in vasti
settori dell’arte contemporanea!). E poi mi affascina l’universo con le sue
regole di matematica pura, seppure fondate sull’assoluta semplicità. Tutto
qui il mio rimpianto… mi sconvolge pensare al cosmo come ad un regno
perfetto dove tutto, a conoscerlo, è perfettamente prevedibile o
riconducibile ad un precisissimo risultato, e ad una terra dove, se metti un
piede in fallo, puoi indifferentemente sbucciarti un ginocchio o morire…
Per fortuna c’è l’amore! (è
quel che dico per consolarmi). Perché sulla terra la vita sarà pure più
complicata, ma esiste lo straordinario sentimento dell’amore che compensa
(almeno in parte) tante altre tristezze dell’esistenza.
Vedi, Daria, com’è ovvio ognuno
di noi ha percezioni personali dell’amore. Di tutto l’amore, in ogni forma,
di ogni intensità… sai, spero non ti meravigli se la mia visione preveda che
ad un artista occorra anche amore perché sia fecondo, perché possa acquisire
forza – come Anteo da madre-Terra.
L’amore… o il dolore!
Incredibilmente, considero
entrambi i due stati collaboranti a fornire energia creativa. Per carità,
nessuna mitizzazione o sublimazione o cacchiate del genere; amore, dolore,
energia creativa, forza, opera… tutto con iniziali minuscole! Tuttavia…
Ti abbraccio, mia giovane
amica.
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